La vicenda Ilva rappresenta in maniera emblematica le contraddizioni del modello neoliberista prevalso negli ultimi decenni. La privatizzazione del 1995 ha consegnato a un gruppo privato il controllo di un asset strategico per l'economia italiana; la gestione della famiglia Riva si è caratterizzata per i metodi padronali, che hanno esasperato lo sfruttamento dei lavoratori e l'inquinamento ambientale. I governi succedutisi da allora hanno avallato gli interessi della proprietà, disattendendo le norme di prevenzione. Solo l'intervento della magistratura nel 2012 ha scoperchiato un vaso di Pandora fatto di gestione dissennata degli impianti, controllo autoritario delle maestranze e collusione fra azienda e responsabili politico-istituzionali a tutti i livelli.
In tutto questo tempo Rifondazione Comunista, attraverso l'attività dei compagni della cellula di fabbrica, ha denunciato, spesso in solitudine, il sistema di potere messo in piedi dai Riva e i suoi effetti nefasti. Dal 2012 la situazione di Ilva ha subito significativi mutamenti: all'estromissione dei Riva ha fatto seguito il commissariamento da parte dello Stato. In cinque anni il governo ha cambiato più volte strategia, non realizzando i principali investimenti previsti dall'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per ridurre drasticamente le emissioni inquinanti. Infine si è deciso di mettere a bando la vendita dell'azienda. La "cordata" vincitrice, capeggiata dalla multinazionale Arcelor Mittal, ha presentato delle proposte inaccettabili. Il piano ambientale, già approvato dal governo, allunga i tempi di realizzazione delle principali prescrizioni, non introduce nessuna significativa innovazione tecnica e soprattutto non prende in considerazione la Valutazione del Danno Sanitario. Il piano industriale, che sarà oggetto di trattativa sindacale, prospetta 3.000 esuberi nel solo stabilimento di Taranto, la riassunzione dei restanti addetti con contratti a tutele crescenti, previo annullamento di anzianità e diritti acquisiti. I soli a beneficiare di questa operazione saranno i creditori di Ilva, a partire dalle grandi banche, che incasseranno il ricavato della vendita.
Rifondazione Comunista ritiene che non si possa ripetere l'esperienza del 1995. Non si può consentire che un'azienda strategica venga gestita secondo una mera logica di profitto, a scapito del diritto alla salute e al lavoro. Va rilanciato un intervento pubblico che veda coinvolti i lavoratori e le comunità locali, e che persegua prioritariamente la conversione ecologica delle produzioni. Riteniamo imprescindibile una Valutazione del Danno Sanitario per le attività produttive. Crediamo che sia necessaria una significativa riduzione dell'orario di lavoro e il riconoscimento ai lavoratori Ilva di benefici previdenziali specifici in virtù dell'esposizione pregressa e attuale a sostanze nocive.
Rifondazione Comunista continuerà ad avere un ruolo attivo nelle lotte dei lavoratori di Ilva e dei cittadini di Taranto, a partire dalle mobilitazioni dei prossimi giorni, perché lavoro e salute vengano garantiti come aspetti inscindibili di una vita dignitosa.
martedì 10 ottobre 2017
ODG sull'Ilva approvato al congresso PRC Puglia
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento