Politica, partecipazione, democrazia
Risposta a Pierpaolo Treglia
Abbiamo letto con attenzione l'appello lanciato dal segretario dei GD, Pierpaolo Treglia, in seguito alle polemiche dei ragazzi di “Labbari” contro il sindaco Emiliano ed alle recenti riflessioni sorte dopo la pubblicazione del sociologo Onofrio Romano riguardo le “Fabbriche di Nichi”.
Ci è difficile entrare nel merito della questione posta, non essendo accomunati dalle medesime pratiche politiche, nè dagli stessi luoghi di aggregazione e partecipazione. Ma, ad ogni modo, non siamo indifferenti a queste forme di elaborazione e organizzazione politica, in quanto queste sono in grado comunque di innescare meccanismi di entusiasmo e di partecipazione giovanile alla politica, anche se al contempo, a nostro avviso, occultano abilmente la propria ovvia natura elettorale. Questa modalità di agire politico si apre al doppio pericolo, da un lato di alimentare aspettative clientelari una volta eletto il proprio referente politico al termine della campagna elettorale, dall’altro -nella peggiore delle ipotesi- di creare una disillusione politica nei confronti di chi ha visto nascere aspettative e vede poi venire meno qualsiasi tipo di rapporto dialettico della rappresentanza, creando uno scarto tra rappresentante e rappresentato.
Ad ogni modo, sentiamo di poter dare un contributo alla discussione.
A nostro avviso, l’attività politica, che i giovani dovrebbero perseguire quotidianamente -e quindi non solo prima di elezioni politiche-, non è quella di affidarsi ai comitati elettorali temporanei e\o estemporanei, bensì quella di partecipare alle battaglie politiche e sociali, generate dalle contraddizioni, presenti nella nostra società in forme sempre nuove e che investono fasce sociali sempre più ampie. In tal senso, l’attività politica non può consistere solo nel mettere assieme partiti o associazioni del cosiddetto centrosinistra, ma collocare se stessi in prima persona, ad un altro livello politico: dal basso, all’interno del conflitto.
A nostro avviso, l’attività politica, che i giovani dovrebbero perseguire quotidianamente -e quindi non solo prima di elezioni politiche-, non è quella di affidarsi ai comitati elettorali temporanei e\o estemporanei, bensì quella di partecipare alle battaglie politiche e sociali, generate dalle contraddizioni, presenti nella nostra società in forme sempre nuove e che investono fasce sociali sempre più ampie. In tal senso, l’attività politica non può consistere solo nel mettere assieme partiti o associazioni del cosiddetto centrosinistra, ma collocare se stessi in prima persona, ad un altro livello politico: dal basso, all’interno del conflitto.
E' indubbio che i recenti movimenti pongano interrogativi e riflessioni, innanzitutto sul senso e sul ruolo di una partecipazione di massa. Il popolo dell’acqua ha mostrato di superare qualsiasi artefatta distinzione partitica. Non si può non constatare la nascita di un grande movimento di massa, che si è impegnato nel rivendicare un modo alternativo della gestione e della concezione stessa di un bene comune quale l'acqua è. Un modo alternativo non solo all’ideologia neoliberista, ma anche a quella statalista, entrambi impermeabili ad un’autentica partecipazione collettiva.
Il movimento dell’acqua non si è mai collocato all’interno della dicotomia destra\sinistra. Esso si è “semplicemente” fatto promotore di diritti democratici fondamentali. Da un lato, ha mostrato che i grandi processi di privatizzazione e di liberalizzazione in Italia sono stati avviati indistintamente da governi di centrodestra e governi di centrosinistra, sulla base di impegni e\o di prospettive europei, dall’altro non ha mai posto il pubblico, statalmente inteso, come la panacea di tutti i mali. I comitati non si sono infatti mai impegnati nel mitizzare il pubblico, ma lo hanno posto come condizione necessaria, ma non sufficiente per la gestione di ciò che è pubblico. Una apparente tautologia che non si rivela tale nel momento in cui viene avanzata la proposta di una gestione democratica dal basso del bene comune, -e quindi non semplicemente statale-, nella consapevolezza che anche le maglie dello Stato sono soggette a processi di burocratizzazione di weberiana memoria.
In particolare in Puglia, il movimento dell’acqua ha chiesto con la legge di ripubblicizzazione dell’acquedotto, di far diventare la gestione dell’AQP ciò che il movimento, esso stesso è stato, ossia una grande partecipazione di massa. Come si può leggere il testo originario della legge di ripubblicizzazione dell’AQP, se non come un desiderio collettivo della cittadinanza alla gestione comunitaria ed al controllo partecipato di ciò che è di tutti e di tutte? Questa è la società che vorremmo: comunisticamente democratica.
Partendo da queste riflessioni generali sul rinato desiderio di “partecipazione” ed il rinvigorito bisogno di “res publica”, i Giovani Comunisti rispondono all’appello lanciato dai Giovani Democratici, proponendo a tutti e tutte di costituire un fronte democratico per intraprendere battaglie comuni per il ritorno ad un sistema elettorale che favorisca la partecipazione come quello proporzionale, per la laicità dello Stato e l’abolizione di tutti i privilegi del Vaticano, per il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, per i diritti del popolo LGBTQ, per la libera circolazione degli esseri umani, per l’abolizione della Legge 30, per l'Istruzione, la Sanità e la Sicurezza pubbliche, per l’avvio di politiche fiscali che ridistribuiscano il reddito dall’alto verso il basso, per il ritiro da tutte le guerre. Su queste battaglie, troverete in noi dei “Compagni”.
Ma è importante sottolineare che l'elaborazione di proposte e suggerimenti, frutto di un lavoro collettivo e democratico, debbano poi concretizzarsi in provvedimenti seri ed efficaci, innanzitutto in quelle istituzioni amministrate dal centrosinista. Pena: un'ulteriore disaffezione dei giovani alla politica.
Bari, 24 giugno 2011
Cari ragazzi comunisti democratici, contraddizione che spero vivamente entri nel dna del vostro agire politico quotidiano, il referendum erroneamente detto dell'acqua era più di questo, credo che l'organizzazione partitica e di cittadini che ha portato avanti questa battaglia, ha volutamente obbligato il confronto sull'acqua bene primario di tutti per affossare anche quelle parti di privatizzazione di servizi pubblici che sarebbero sacrosante. I comuni sono stati tra i principali responsabili del debito pubblico con le loro spese incontrollate e responsabili anche di un sistema economico privato drogate dalle posizioni mnopolistiche dominanti che non hanno fatto altro che favorire affaristi e mafiosi di ogni genere. la democrazia partecipativa non è certo favorita da un sistema elettorale di tipo proporzionale, ne paghiamo ancora oggi i costi di quel sistema che ha favorito spese incontrollate e clientelari e di finanziamenti pubblici di burocrazie partitiche autoreferenziali che non garantiscono certo un ricambio generazionale di crescita civile e democratica. la partecipazione dei giovani può essere favorita garantendo un'effettiva democratizzazione dei partiti che non ghettizzi i giovani nei loro spazzi dedicati di una politica "diversa" da quella degli adulti ma che coinvolga realmente i giovani e gli dia strumenti concreti di partecipazione (referendum) che lasciano da parte le ideologie e favoriscono le proposte di soluzioni a problemi specifici. un caro saluto Giovanni un giovane cinquantenne.
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