Angelo Cassano
La rivolta di Bari, come a Rosarno
Un tappeto di detriti, di pietre, di candelotti di lacrimogeni è rimasto sull'asfalto della tangenziale di Bari, nelle campagne che circondano il Centro di «accoglienza» per richiedenti asilo e la linea ferroviaria. Da una parte agenti di PS, Carabinieri e Finanza in tenuta antisommossa e dall'altra l'esasperazione di un gruppo nutrito di migranti provenienti dalla Libia. Da mesi organizzano presidi invano. Hanno provato ad avere garanzie e risposte politiche da chiunque a incominciare dal Presidente della Regione, dalla Prefettura (Bari è l'unica città in Italia che da 6 mesi non ha il Prefetto). Le loro richieste sono rimaste inascoltate. Troppo impegnata la politica per occuparsi degli ultimi, dei migranti, di chi vive ai margini della città. E così una nuova manifestazione ha avuto una portata figlia della rabbia e della disperazione. Una rabbia naturale, dopo essere scappati da una guerra, dopo aver attraversato il Mediterraneo (magari guardando impotenti un tuo amico morire in mare), dopo essere stati trattenuti all'afa di una tendopoli, trasportati come pacchi e poi condannati a rifare tutto da capo tornando a quell'inizio da cui erano scappati. Ieri mattina all'alba i migranti hanno bloccato tutte le principali vie d'accesso da nord alla città, investendo con la loro disperazione tutti coloro che generalmente girano la testa dall'altra parte. La polizia non si è fatta scrupoli nel caricare i migranti, nell'arrestarne alcuni, nel far piovere su tutta la zona i terribili lacrimogeni al CS, noti ai più per essere gli stessi usati in Val di Susa.
Bari come Rosarno insomma, perché di questo parliamo. La caccia all'immigrato però questa volta l'ha compiuta lo Stato, lo Stato che per bocca del sottosegretario Mantovano dice che «la violenza è intollerabile», come se la condizione a cui i migranti sono costretti nel Cara e in generale in Italia fosse tollerabile. In questi giorni in Puglia i migranti di Nardò stanno scioperando contro la condizione di schiavitù in cui vivono nel silenzio dei più, la tendopoli di Manduria è destinata a cambiare luogo spostandosi in una base militare a S.Vito, quotidianamente arrivano notizie terribile sui Cie che hanno sede nella regione. Questa esplosione di rabbia viene da lontano. I migranti di Bari hanno preso in carico la propria sorte e si sono posti al centro del dibattito e della società pugliese. Questa giornata (curiosamente mentre si ricordano qui a Bari i venti anni dello sbarco della Vlora con 20.000 albanesi a bordo) non può rimanere un punto isolato. Non possiamo perdere questa occasione. Per noi, per loro, per la nostra terra.
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