Sotto la sede della Regione, si è tenuto nel pomeriggio un presidio di un centinaio di braccianti immigrati provenienti da Nardò per chiedere un incontro con le istituzioni regionali. I lavoratori sono in sciopero da 8 giorni per protestare contro le condizioni di schiavitù a cui sono sottoposti dai caporali e dagli imprenditori agricoli con il silenzio delle istituzioni.
La delegazione di lavoratori, che si è seduta al tavolo con la Regione, ha chiesto di inasprire il reato di “caporalato” che al momento è soggetto ad una semplice sanzione amministrativa, tra l'altro irrisoria poiché la pena pecuniaria va dai 50 ai 500 euro, e pertanto è facilmente colmabile dai caporali, che sono in grado di speculare più di 100 mila euro a stagione di raccolta sulla pelle dei lavoratori. A questa piaga si aggiunge lo sfruttamento delle aziende che assumono in nero i braccianti con salari da fame (ogni lavoratore viene retribuito 3 euro, per un cassone di 4 quintali di pomodoro).
La richiesta dei lavoratori che la Regione Puglia si è mostrata favorevole a sostenere, è stata quella di istituire uno sportello unico, dove gli immigrati in cerca di lavoro possano iscriversi e dove le aziende possano rivolgersi per assumerli. Una misura tuttavia debole e blanda poiché non esiste una legge che possa obbligare le aziende a rivolgersi a questi tipo di sportelli del lavoro per chiedere disponibilità di manodopera.
Noi sosteniamo fermamente le lotte dei lavoratori migranti a difesa di diritti politici e sociali e auspichiamo che le istituzioni si impegnino nell'esportare il modello di autorganizzazione adottato presso la masseria Boncuri di Nardò in tutti i luoghi dove viene svolta l'attività di raccolta stagionale, e nell'immediato a Foggia.
Non affrontare strutturalmente il problema dello sfruttamento del lavoro bracciantile degli immigrati significa alimentare il sistema mafioso del caporalato e abbandonare alla disperazione quei lavoratori stranieri che giungono in Puglia per migliorare la propria condizione di vita, disposti anche a compiere quei lavori che gli italiani non intendono più svolgere.
Bari, 9 agosto 2011
Vito Leli e Titti D'Addabbo, coordinamento provinciale Giovani Comunisti Bari
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